mercoledì 1 febbraio 2012

Facebook in borsa, cosa potrebbe cambiare


tratto da il Journal

Facebook in borsa, cosa potrebbe cambiare




Oggi Facebook depositerà la documentazione necessaria al suo ingresso in borsa presso la Sec (Securities and Exchange Commission). In settimana dovrebbe arrivare il responso, se positivo entro maggio Facebook potrà essere quotata a Wall Street.





La notizia circolava da tempo, oggi è diventata ufficiale: il social network più popoloso del pianeta intende quotarsi in borsa. Per farlo dovrà aprirsi a un’offerta pubblica iniziale (IPO – initial public offering) a cui risponderanno diversi investitori. Con le prime azioni emesse Facebook prevede di raccogliere circa 10 miliardi di dollari, alcuni analisti pensano anche meno, ma se così fosse la sua quotazione potrebbe salire a una cifra compresa tra i 75 e 100 miliardi di dollari.



È una delle IPO più attese degli ultimi tempi e a ragione perché potrebbe essere la più grande della storia recente di Wall Street e per di più realizzata da una società che basa le sue attivita esclusivamente sul web. Per avere un termine di paragone basti pensare che una quotazione a 75-100 miliardi sarebbe superiore al valore di Disney, pari a quello di McDonald’s (due aziende completamente diverse) e la metà di Google (a cui invece si avvicina per tipologia). Da tenere presente, inoltre, che la creatura nata dall’idea di Mark Zuckerberg ha appena 8 anni di vita, li compirà proprio il prossimo 4 febbraio.



Cosa cambierà per gli utenti?



In 8 anni Facebook ha conquistato 850 milioni di utenti, più dell’intera popolazione dell’Europa o se preferite degli Stati Uniti, Brasie e Messico messi insieme. Su questo numero si basa il valore di Facebook. 850 milioni di utenti che ogni giorno visualizzano e cliccano sulla pubblicità inserita sul social network. Nel momento in cui nella società Facebook entrano quote di grandi investitori esterni è presumibile, come immaginano Domenico Rushe e Saabira Chaudhuri sul Guardian, che per massimizzare i profitti, e quindi i dividendi, chiedano di intervenire proprio sullo strumento con cui la società fa cassa, la pubblicità.



Secondo le stime di eMarketer, i ricavi di Facebook nel 2011 sono stati di 4,27 miliardi di dollari, di cui 3,8 miliardi di dollari dalla pubblicità. Si prevede che entro il 2013 raggiunga la quota di 7 miliardi. Più di quanto non faccia Yahoo! che nel settore per anni è stato il leader. Secondo i dati di ComScore, Facebook assorbe ora il 27,9% del mercato delle pubblicità, nel 2010 era al 21% Yahoo! si ferma all’11%. Cosa potrebbe fare Facebook per aumentare ancora i suoi utili derivanti dalla pubblicità? Ovviamente spingere sull’innovazione, come del resto ha sempre fatto come mostra il grafico alle spalle di Zuckerberg nella foto. Il timore però per chi ha a cuore la privacy è che Facebook utilizzi l’immensa mole di dati personali che ha dei suoi utenti per sviluppare sistemi di pubblicità ancora più mirati e invasivi, ovvero pubblicità personalizzate basate sui gusti di ogni singolo. E’ altrettanto probabile che Facebook utilizzi la liquidità derivante dalla vendita di azioni per acquisire altre società attive nel settore internet e divesificare così la sua offerta, come fece Goggle acquisendo YouTube.



Ovviamente sono solo ipotesi perché la storia ci indica che le aziende tecnologiche, basate sulla rete internet e nate da startup, quando entrano in borsa non si comportano come le imprese tradizionali. I fondatori di Google ad esempio, ricorda il Washington post, nel prospetto presentato al momento della IPO inserirono una lettera per i futuri investitori in cui ribadivano che la società crede nel motto “Don’t be evil”. Larry Page e Sergey Brin vollero una IPO accessibile a tutti gli investitori e insieme alle banche di investimento di Wall Strett utilizzarono il sistema d’asta utilizzato in Olanda per la vendita dei fiori. Chiesero cioè agli investitori quante azioni volevano e quanto erano disposti a pagare. Anche se poi il sistema venne giudicato irregolare e Google dovette rivedere a ribasso il prezzo base delle azioni offerte non è escluso che Zuckerberg non si inventi qualcosa di simile.



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