mercoledì 28 settembre 2011

Borse a picco?

Articolo tratto da Finanze.net.

molto interessante!


"La newsletter di John Stephenson del 26 Settembre 2011"


Precipizio?



Il Piccolo Libro che Salva i tuoi Soldi






L'economia globale e la borsa si trovano sull'orlo di un'altra crisi finanziaria che potrebbe eguagliare quella del 2008/2009. I funzionari dell'Unione Europea le stanno pensando tutte per trovare un rimedio al sempre più probabile fallimento del debito greco. Venerdì, il commissario europeo agli Affari economici, Olli Rehn, ha dichiarato che l'Europa è pronta ad utilizz! are una leva sino a sei volte per l'EFSF, (il Fondo europeo di stabilità finanziaria), ciò equivale a dire che l'Unione Europea è in grado di garantire non più del 20% dei debiti dei paesi a rischio.




Lo scorso fine settimana, il segretario del Tesoro degli Stati Uniti, Timothy Geithner, ha centrato la riunione annuale del Fondo Monetario Internazionale (FMI) a Washington, sul rischio di fallimento dell'accordo europeo per il salvataggio della Grecia titolandolo "fallimenti a catena, corse agli sportelli e rischi catastrofici". Intanto, mentre i politici cercano di spostare il più avanti possibile il tempo dei fallimenti, l'indebitamento in Europa e la disoccupazione negli Stati Uniti stanno spingendo il mondo verso la recessione, la cui minaccia spinge ad una massiccia vendita di azioni allo scoperto.

Per più di un anno e mezzo, i funzionari dell'Unione Europea hanno escogitato qualsiasi genere di stratagemmi, quasi sempre di facciat! a, per evitare l'insolvenza della Grecia. In cambio dei 110 miliardi di euro del piano di salvataggio, i creditori europei e il FMI (Fondo Monetario Internazionale) speravano che la Grecia potesse applicare un piano di austerità in grado di risanare i conti, utopistico se associato a un'economia in calo e a un settore privato anch'esso in contrazione. Infatti, il governo Greco ha speso più soldi nei primi otto mesi di quest'anno che in tutto il 2010, alimentando la speculazione sul fatto che non si riuscisse a raddrizzare il problema.

Nei piani di austerità non si fa altro che aumentare le tasse e tagliare le spese, ma scarsa attenzione è data a misure per la crescita. E per l'economia moribonda della Grecia, che si è contratta del 4.5% nel 2010 e presumibilmente di un altro 5% quest'anno, una totale assenza di stimoli porterà ad una situazione ancora peggiore. La disoccupazione è volata alle stelle e i Greci sono scesi in piazza tra rivolte e proteste, sfociate anche nel! sangue.

Con la Grecia sull'orlo del fallimento, una recessione europea pare probabile e con un'Italia sempre più indebitata, un paese troppo grande da salvare, avanza lo spettro di un'enorme crisi bancaria, che attraverserebbe in un attimo l'Atlantico, raggiungendo una dimensione che porterebbe a picco con sé banche e mercati di tutto il mondo. A rendere lo scenario ancora più fosco, c'è il fatto che non si sa se il Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria (EFSF), meccanismo che oggi dovrebbe poter contare su circa duecentocinquanta miliardi di garanzie, sarebbe in grado di far fronte allo scenario più negativo. L'Italia, il secondo paese più indebitato dell'Euro-zona, ha l'incredibile cifra di 2200 miliardi di dollari di debito. In base alle garanzie del EFSF le banche tedesche avrebbero non più di 70 miliardi di euro da spendere nei titoli di stato italiani, irlandesi, greci, portoghesi e spagnoli; la quota già detenuta nei loro bilanci ha un valore attuale di 500 miliar! di di euro, che è considerevolmente inferiore di quello riportato in base al prezzo di acquisto.

Settimana scorsa, il Fondo Monetario Internazionale, ha allarmato tutti dicendo che questa crisi europea del debito ha generato un rischio di credito per le banche del continente, che supera i 300 miliardi di euro, che dovrebbe portare ad immediate ricapitalizzazioni. Solitamente le crisi bancarie vengono risolte con un salvataggio da parte dello stato, ma nella maggior parte dei paesi europei gli stati sono talmente indebitati, che i problemi del settore bancario non sembrano proprio risolvibili.

Ciò ha reso evidente la necessità che i politici europei facciano qualcosa e che lo facciano presto. Come se non bastasse, ci si è messa anche la Federal Reserve, secondo la quale, data la loro previsione di modesta crescita, ci sarà un "significativo aggravarsi dei rischi". Per di più, i legislatori americani, democratici e repubblicani, si sono messi a litigare senza dare segn! i di una possibile cooperazione verso misure importanti.

I mercati, che sono sempre stati un passo avanti rispetto alla previsione dei politici in Europa, ci dicono che c'è quantomeno un 94% di possibilità che la Grecia fallisca. Gli investitori hanno bisogno di credere che i "policy maker" possano attuare un serio piano di salvataggio, abbastanza grande da prendersi carico dei bond greci, portoghesi, spagnoli, italiani e da salvare le banche europee. Tutto ciò però, pare al quanto improbabile.

Con un'altra crisi finanziaria in avvicinamento, gli investitori dovrebbero prendere la posizione più difensiva possibile, aumentare la liquidità, vendere titoli in società minori e concentrarsi sulla qualità. L'oro luccicherà ancora, ma per ora c'è da attendersi diverse giornate con cadute da cento dollari l'oncia.



John Stephenson

Autore del Piccolo Libro per Investire nelle Materie Prime

domenica 25 settembre 2011

Le Fasi Psicologiche della Crisi

Un'Articolo tratto da Lombard report.

Catastrofista, Pessimista o Realista?
Disegna il quadro reale delle Emozioni.
se poi succederà davvero non lo so , ma indubbiamente le Reazioni sono veritiere!

DA Leggere

Purtroppo diversi passaggi devono ancora compiersi, per poter sperare…

di Virginio Frigieri

Le fasi psicologiche della crisi



Purtroppo diversi passaggi devono ancora compiersi, per poter sperare…



La pessima chiusura di oggi mi induce , ancorchè con le valigie in mano, a scrivere altri due appunti per i molti amici che scrivono o telefonano per chiedere quando si potrà pensare di essere sul fondo o se sotto 11 euro non sia il caso di comprare un titolo come Generali.



Purtroppo anche dal punto di vista psicologico diversi passaggi mancano ancora all’appello, per poter sperare di riuscire a mettere la parola fine su questa crisi.



Questa, lo ripetiamo a costo di diventare noiosi, non è la solita crisi ciclica che di tanto in tanto si presenta, perdura due o tre anni al massimo e poi tutte le cose ritornano nel loro alveo. Siamo purtroppo di fronte alla crisi strutturale del modello occidentale che ad un certo punto si era illuso di poter creare ricchezza dal nulla, la finanza per la finanza fregandosene dell’economia reale e il debito per poter avere subito quello che un tempo avrebbe richiesto anni di sacrifici e rinunce.

Tutti gli stati poco o tanto sono ricorsi al debito nell’intento di fornire servizi e posti di lavoro che i cittadini avrebbero ripagato col la preferenza nel voto. Questo negli anni ha portato a sprechi disumani, e strutture pubbliche insostenibili e alla fine prima o poi i nodi vengono al pettine. Soprassediamo sul fatto che “le caste” non hanno ancora capito la gravità della situazione e sulla mia personalissima e criticabilissima convinzione che purtroppo, questi se ne andranno solo quando ci sarà una generazione nuova disposta a risolvere la questione con le armi in pugno, e concentriamoci invece su quello che abbiamo visto dall’inizio di questa crisi, e su quello che manca perchè si possa pensare di considerare chiuso il cerchio.



Per farlo dobbiamo sempre avere in mente lo specchietto generale che ho messo nel precedente articolo:








Se uno non ha presente questo schema e la devastazione che ne deriva, all’inizio quando arriva la crisi, la reazione psicologica è quella di tutte le altre crisi… E’ come se mentre stai lavorando, arrivasse uno che spegnesse la luce, entrasse nella stanza e al buio ti mollasse due sonori sganassoni sulla faccia!.



Tu non te lo aspetti e resti scioccato … (FASE 1 – Lo Shock)



Superato il primo momento di disorientamento cerchi di reagire e di riprenderti… passano momenti altalenanti di ottimismo e pessimismo, ma dopo un po’ si prova a vedere il bicchiere mezzo pieno e si cerca di individuare anche i più piccoli segnali positivi… (FASE 2 – La Speranza)….

In questa fase si spera ancora e si auspica che anche la crisi in corso , terminerà come le altre normali crisi cicliche…

Ma i mesi passano e la ripresa tarda a presentarsi… l’esercito di ottimisti che fino a poche settimane prima si dicevano certi di vedere la fine del tunnel, comincia a perdere pezzi e ad assottigliare le sue fila…. Nel frattempo arrivano dati negativi e i pessimisti rimontano recuperando vistosamente terreno; siamo nella (FASE 3 – La Delusione) …. Questa è la fase attuale del mercato ormai prossimo a girare verso la nuova fase.





(FASE 4 – La Capitolazione) : questa fase aprirà ufficialmente le sue danze nel momento in cui salteranno i minimi di Marzo 2009. E’ esattamente a quel punto che il trend ribassista avrà un’impennata ed un’accelerazione di quelle che lasciano senza fiato; l’onda di grado intermediate dopo un breve rimbalzo (2) sarà giunta alla sua onda (3); è in quel momento che anche gli stolti capiranno cosa significa una (3) ribassista intermedia all’interno di una w cerchiata di grado primario, all’interno di una ‘c’ di cycle di una (a) di supercycle, di una IV di grand super cycle. Sarà qualcosa di paragonabile al terremoto con tsunami giapponese…

In fondo a questo drittone , ci sarà la fase successiva.



(FASE 5 – Il Disorientamento) : Ci si sentirà come un pugile suonato dai colpi incassati, si cercherà di riordinare faticosamente le idee senza successo… Questa fase è più lunga del drittone precedente e solitamente sviluppa dei triangoli nello schema allargato "abcde"… Durante una guerra questo sarebbe il momento delle truppe allo sbando, delle diserzioni di massa…

Solo dopo un’adeguata gestazione si arriverà all’ultima fase:



(FASE 6 – La Disperazione) : tutto sembrerà perduto e non si saprà più dove picchiare la testa, ma a quel punto quasi nessuno avrà più qualcosa da vendere e lentamente con una sano processo di accumulazione si potranno porre le basi per una successiva fase rialzista di almeno una decina di anni.



Questo ci piaccia o no sembra essere il percorso su cui ci stiamo incamminando e non siamo ancora all’inizio della fase 4.



Volendo concretizzare questi concetti sul grafico del Mibtel… possiamo azzardare l’ipotesi sotto riportata:









La terza di grado primario ingloba la delusione e la capitolazione (linea gialla e magenta).

Per finire due parole sul franco svizzero:

credo anch’io che ogni volta che uno stato ha cercato di imporre il cambio, sia durata poco; molti hedge-fund, hanno già dichiarato che rimarranno in una fase di attesa alla finestra per alcune settimane per vedere che piega prende l’euro-zona, ma che dopo è probabile che lanceranno campagne massicce di acquisto di franchi scommettendo sul fatto che alla fine la Svizzera è troppo piccola per reggere l’urto. Molti sono pronti a scommettere in un cambio alla pari tra euro e franco già tra pochi mesi. Personalmente ho preferito chiudere prudenzialmente le posizioni capitalizzando le perdite relative ai lotti più recenti acquistati quando si era già sotto 1,20.



Chiudo lanciando una provocazione che farà magari arrabbiare qualcuno, ma se l’unico problema di questo paese sono quelli che vogliono andare in pensione dopo SOLO 42 anni di lavoro, allora incazzatevi finchè volete che a me scappa da ridere: siccome la Svizzera è piccola e non possiamo trasferirci tutti là , consiglio al lettore che ha scritto al direttore, se ha amici che contano da quelle parti, di consigliare loro di radunare un migliaio di guardie svizzere a cavallo armate di alabarde, e di farle scendere fino all’appennino tosco-emiliano invadendoci!…. Noi staremo al gioco e ci lasceremo pacificamente invadere ed annettere… tanto peggio di così… con questa casta politica chiunque si voti non si va da nessuna parte!

Alcune sere fa ho ascoltato l’on. Casini a LA7 dire queste testuali parole:

“un bambino che nasce oggi ha, ringraziando il cielo un’aspettativa di vita di 90 anni; se pensiamo che questo dopo aver lavorato 40 anni, possa stare 50 anni in carico allo stato è evidente che il sistema non regge.”

CASINIII... Un bambino che nasce adesso, sta per almeno 30 anni non in carico allo stato, ma in carico alla famiglia che deve pagare anche la carta igienica che il figlio usa a scuolaaaa!

CASINIIII non posso insultarti pubblicamente se no mi becco una denuncia, ma almeno correggi la dichiarazione … dimmi che volevi dire un’altra cosa e che ti sei confuso, altrimenti a dirti che sei un COGLIONE sarebbe come farti un complimento!



alla prossima

mercoledì 14 settembre 2011

Collocamento Obbligazioni Eni

Articolo scritto da Piero Patuelli
Private Banker Banca Fideuram
http://www.labottegadellaconsulenza.blogspot.com/


con il consueto battage pubblicitario ha preso il via il collocamento del nuovo bond ENI.

Ritenendo di fare cosa gradita, vorrei condividere con voi alcune considerazioni.

Innanzitutto le caratteristiche dell'emissione.

L'offerta ha preso il via oggi e si concluderà, salvo chiusura anticipata, il 4 ottobre prossimo.
Come già in passato è rivolta soprattutto al pubblico retail e al piccolo risparmiatore nel rispetto della tradizione che vuole ENEL ed ENI impegnate a sostituirsi ai titoli di stato nel portafoglio dei cassettisti italiani.
L'emittente utilizzerà la somma raccolta per la gestione ordinaria e per ristrutturare, allungandone la durata, il debito in scadenza.

L'importo minimo sottoscrivibile, pertanto, è di sole 2 obbligazioni pari a 2.000 euro (naturalmente si possono richiedere importi maggiori).

Le caratteristiche finanziarie sono le seguenti:
durata 6 anni
rendimento da definire sommando uno spread compreso tra 1,80% e 2,80% al tasso mid swap a 6 anni (per il tasso fisso) oppure all'euribor a 6 mesi (per il tasso variabile); in sostanza l'emissione a tasso fisso avrà un rendimento compreso tra il 4% e il 5% mentre l'emissione a tasso variabile partirà con un rendimento cedolare compreso tra il 3,55% e il 4,55%
la tranche a tasso fisso sarà emessa sotto la pari (ma a un prezzo non inferiore a 99) mentre la tranche a tasso variabile sarà emessa alla pari (100)
la cedola verrà corrisposta su base annua per il tasso fisso e su base semestrale per il tasso variabile
i rendimenti, nel rispetto della nuova normativa sulle rendite finanziarie, saranno tassati al 20% a partire dal 01.01.2012
Ed ora alcune considerazioni.



ENI è percepita dal mercato come un emittente solido, in grado di onorare le proprie obbligazioni.

Inoltre il settore cui appartiene (Energetici e Servizi di Pubblica Utilità) è stato solo parzialmente interessato dalle recenti turbolenze che hanno colpito i mercati finanziari.

Sul mercato i rendimenti a 5 anni sono mediamente contenuti al di sotto del 3%, mentre le obbligazioni ENI già presenti sul mercato offrono un rendimento medio intorno al 3,40% per le scadenze a 5 anni e 4% per quelle a 6 anni.

Il prezzo medio dei CDS del settore Energetico per proteggersi dal rischio insolvenza, seppur in aumento rispetto a un mese fa, è comunque tra i più bassi suggerendo che il mercato percepisce come poco rischioso l'investimento nei titoli del settore.



Sicuramente, proprio per attirare maggior attenzione da parte del pubblico degli investitori, l'emissione in oggetto offrirà un rendimento leggermente superiore a quello ottenibile acquistando i titoli già presenti sul mercato.



In conclusione ritengo che si tratti di una emissione adatta a chi voglia inserire nel proprio portafoglio un titolo con un profilo rischio/rendimento tutto sommato interessante, soprattutto per l'investitore che compra questi titoli con l'obiettivo di mantenerli fino a scadenza beneficiando di un disceto flusso cedolare ed esponendosi ad una volatilità contenuta.



Tuttavia, l'investitore che sia alla ricerca di rendimenti più alti sottoponendosi però ad una maggiore esposizione alle oscillazioni dei prezzi (soprattutto in questo periodo) è probabile che trovi più interessanti altri emittenti (penso soprattutto ai bancari e ai titoli di stato).



A disposizione per qualsiasi ulteriore chiarimento,



cordialmente



Piero Patuelli


The China Study - LibroDa non perdere

lunedì 12 settembre 2011

Indicatori di Partecipazione

Articolo scritto da Piero Patuelli
Private Banker di Banca Fideuram

http://www.labottegadellaconsulenza.blogspot.com/


Trendline, Ritracciamenti di Fibonacci, Cicli e controcicli,
Gann ed Elliott..

e se ci affidassimo alla forza del mercato?

vi invito a leggere un primo articolo di Piero Patuelli
che ci inizierà in un percorso che indubbiamente ci aprirà gli occhi!

Normalmente tendiamo ad individuare segnali di acquisto o di vendita su uno strumento finanziario utilizzando pattern di prezzo più o meno complessi (analisi grafica) oppure ci basiamo sull’interpretazione di informazioni fornite da indicatori e oscillatori (analisi quantitativa).
Quando si opera con strumenti che rappresentano una molteplicità di strumenti finanziari (tipicamente gli indici azionari) è utile inserire queste informazioni nel contesto corretto valutando alcuni aspetti:
1) La direzione del trend; ovvero individuare la tendenza rialzista piuttosto che ribassista o laterale. Per questa analisi utilizziamo solitamente semplici indicatori come le medie mobili o delle normalissime trendline
2) La valutazione dei fondamentali; tenendo conto di indicatori come il prezzo/utili nelle sue varie forme; il dividend yield (rendimento cedolare o dividendo pagato); il momentum degli utili o dei dividendi
3) La partecipazione al trend da parte dei vari titoli che compongono un indice.
Proprio quest’ultimo aspetto, che viene spesso trascurato, può tornare particolarmente utile per valutare quando un trend in essere si stia esaurendo e ci stiamo approssimando ad una possibile inversione.
Il primo indicatore che propongo è il più semplice tra gli indicatori di partecipazione.
Il grafico propone un confronto tra l’andamento del FTSE MIB da giugno 2009 a oggi, determinato sulle chiusure settimanali (linea blu) e il numero delle azioni che trattano al di sopra della media mobile a 13 settimane.
L’indicatore suggerisce conferme o divergenze rispetto al trend dei prezzi in atto; per esempio da maggio 2010 ad ottobre 2010 l’indice registra un rialzo da 19.000 punti a quasi 22.000 punti assecondato da un numero maggiore di azioni che trattano sopra la rispettiva media mobile a 13 settimane. Tuttavia, in occasione del successivo massimo dell’indice intorno a marzo 2011 (circa 23.000 punti) il numero delle azioni sopra la media mobile è inferiore al massimo precedente: è un primo segnale di debolezza.



Che il rialzo che ha interessato il FTSE MIB negli ultimi due anni sia stato di natura particolarmente fragile lo si può rilevare anche dal successivo grafico che mostra il confronto tra il numero delle azioni che chiudono la settimana in positivo e quelle con chiusura settimanale negativa; essendo la lettura puntuale dell’indicatore troppo volatile ho cercato di evidenziare una tendenza di medio periodo filtrando i dati tramite una media mobile a 5 periodi: come si vede il numero delle azioni con chiusura settimanale negativa (linea rossa) supera quasi sempre il numero delle azioni con chiusura settimanale positiva suggerendo una sostanziale debolezza di fondo del mercato anche nelle fasi di rialzo alle quali contribuiscono una minoranza dei titoli compresi nell’indice.



Analoga indicazione ci viene fornita dal grafico successivo che mostra l’andamento dell’indice all’interno di una banda di oscillazione che altro non è se non i massimi e i minimi a 26 settimane.
Anche in questo caso rileviamo come i rialzi dell’indice vengano accompagnati da un numero sempre piuttosto contenuto di azioni che registrano nuovi massimi.
In questo grafico notiamo però una interessante divergenza registrata in occasione del sell-off delle ultime settimane: con l’indice FTSE MIB che chiude a 14.000 registrando una serie di nuovi minimi che non viene però confermata dal nostro indicatore:

mercoledì 7 settembre 2011

Ferragamo


non lo sapevo...ma e' finalmente arrivato.

il marchio del Lusso e' approdato a piazza affari.

lo terremo d'occhio.

a quanto pare ha una volatilità simile ai titoli Usa.

trading Intraday?
nei prossimi giorni daro' un'occhiata ai fondamentali per meglio capire di cosa stiamo parlando..

intanto osservatevi il grafico!

I più grandi business mancati: la storia dell’inventore degli stivali Ugg




C'è un brand di stivali in pelle che ha "invaso" mezzo mondo e di cui le top model o le attrici di Hollywood non si privano quasi mai: Ugg. Solo per fare qualche esempio, gli Ugg sono stati visti ai piedi di gente come Kate Moss e Jennifer Aniston. E il costo di un paio non è di certo alla portata di tutti: in Inghilterra, dove questi stivali sono diffusissimi, si parte dalle 120 sterline. Per farsi un'idea del successo di quest'azienda basta vedere la cifra gigantesca che riesce ad accumulare ogni anno: 500 milioni di sterline. A questo punto potreste pensare che l'inventore di questi stivali sia un multimiliardario che vive in una villa faraonica e beve Champagne a colazione. Sbagliato. Shane Stedman, 69 anni, l'uomo che ha creato queste calzature cult, al momento vive in una cittadina australiana a nord di Sydney (la stessa in cui ha passato quasi 50 anni di vita) e la sua abitazione è un modesto bungalow con tre stanze da letto. Per guadagnarsi da vivere costruisce tavole da surf in un piccola bottega, Shane Surfboards.
[I più grandi business mancati: la storia del fondatore "perduto di Apple]
Cos'è successo allora ai (potenziali) milioni di Stedman? La risposta è semplice ma amara: dopo aver progettato gli stivali e averli venduti a basso prezzo ai surfisti della sua città, nel 1983 Stedman ha venduto i diritti della sua idea al marchio americano di calzature Deckers per sole 10.000 sterline e tre paia di stivali Ugg all'anno per il resto della sua vita. In altre parole, l'inventore degli Ugg si è reso protagonista di uno dei più grandi business mancati della storia. Non a caso, da quell'anno in poi, le sue creazioni sono diventate progressivamente un fenomeno a livello globale. Stedman, però, l'ha presa con filosofia e sembra che il fatto di aver perduto una fortuna di 500 milioni di sterline non gli abbia creato troppi rimpianti. "I miei figli adorano ascoltarmi quando racconto loro il modo in cui mi è venuta in mente l'idea", dice Stedman. E aggiunge: "E' una cosa grandiosa vedere gente come Victoria Beckham e Paris Hilton indossare gli stivali che ho inventato. Sono orgoglioso, per me e per l'Australia, di aver avuto un ruolo importante nell'averli resi così famosi in tutto il mondo. E poi sono stato pagato abbastanza per mandare i miei figli a scuola". Stedman ritiene quindi che i suoi stivali, che in principio si chiamavano "Ugh" per assonanza con l'espressione di disgusto di chi vede scarpe orrende, siano qualcosa di cui andare fieri piuttosto che un motivo di rimpianto. "Se avessi voluto rendere i miei Ugg un brand di successo a livello mondiale sarei dovuto andare in America e lavorare in giacca e cravatta. Ma io non sono così. Non lascerò mai Sydney e il surf: è la mia vita. Sono stato felice di farla andare così".
Ma come è riuscito un semplice appassionato australiano di surf a creare, sebbene per puro caso, un brand globale di moda? A quanto pare, l'idea nacque nel 1973, quando un surfista, Nat Young, entrò nella bottega di Stedman e chiese qualcosa per tenere i piedi al caldo. Sulle prime, Stedman realizzò un tipo di calzatura in pelle di montone che però era scomoda per camminare sulla sabbia. Serviva qualcosa di più pratico. La soluzione arrivò proprio a una gara di surf dove un tale signor Spencer si offrì di attaccare delle suole alla creazione di Stedman: gli Ugg erano nati. Certo, i primi modelli non erano ancora gli stessi che si trovano in vendita oggi: spesso, infatti, sugli stivali si potevano trovare ancora i tendini e persino alcuni pezzi di carne degli animali da cui era ricavato il pellame. Quando gli stivali erano bagnati, l'odore era così pungente che bisognava tenerli lontani dai cani perché c'era il rischio che li addentassero. Dopo un po' di tempo però la qualità della pelle di montone migliorò, così come il design: un'evoluzione che fece aumentare gli ordini da parte dei clienti e rese necessaria una nuova organizzazione della produzione. Il volume produttivo passò da 30 a 300 paia a settimana. Ma fu solo quando gli stivali divennero un simbolo di ribellione che il business decollò: per il loro aspetto troppo "indecoroso", gli "Ugh" - si chiamavano ancora così - vennero infatti vietati nei cinema di Sydney al pari dei jeans strappati. Niente di meglio per stimolare i consumatori più giovani: "I ragazzi ne compravano sempre di più. Erano diventati un oggetto 'cool', qualcosa in grado di dividere l'opinione pubblica". Questo successo non passò inosservato, tant'è che Coles, una catena australiana di supermercati, cominciò a produrre degli stivali simili sotto un altro nome. Anche se il marchio Ugh era stato registrato, l'inventore non poteva proteggere la sua creazione. Nel frattempo, gli stivali Coles cominciavano a prendere il sopravvento sul mercato. Così quando l'azienda Deckers offrì a Stedman 10.000 sterline per i diritti della sua invenzione e propose di venderla a livello internazionale con il nome di "Ugg", l'inventore accettò. Una scelta dissennata? Giudicandola ora, sicuramente sì. "Ma all'epoca — dice Stedman — quella somma era molto alta e mi permise di mandare i miei figli in una scuola privata per ben cinque anni". Oltre alla cifra, Stedman riuscì però a ottenere il diritto di ricevere tre paia di Ugg all'anno a costo zero: un "contentino" che riesce ancora adesso a renderlo felice.

domenica 4 settembre 2011

Come trasformare il tuo hobby in un lavoro




Dopo la laurea al Politecnico, Tiziana Fara ha smesso di cucire borse per le amiche e ha deciso di trasformare il suo hobby in un vero lavoro. Il suo piano originario era fare la grafica pubblicitaria, la realtà concreta era essere commessa in un negozio. Così ha seguito la via più "incosciente", come racconta lei, ha aperto una partita Iva e ha provato a vendere le sue prime borse. Oggi, nonostante la crisi, produce 500 pezzi all'anno. Le sue creazioni sono amatissime dai blog di moda e sono finite su molte tra le riviste più importanti (Elle, Marie Claire).
La storia di Tiziana può essere quella di chiunque abbia un'abilità manuale, del talento creativo, un po' di spirito imprenditoriale e una discreta dose di coraggio. L'importante è non lasciarsi scoraggiare dalla burocrazia.
Il primo passo è iscriversi all'albo delle imprese artigiane, che si trova presso la Camera di Commercio della tua città. Non ci sono grandi requisiti, e i costi sono molti bassi. Devi decidere la forma giuridica che vuoi darti, che può andare dalla più semplice, l'apertura di una ditta individuale con partita Iva (nessun costo) a forme più complesse, se hai voglia di condividere oneri e rischi con altri soci. In quel caso è obbligatorio il passaggio da un notaio e la stesura di uno statuto.
Il secondo passo fondamentale è decidere se vuoi vendere soltanto in Rete oppure vuoi anche aprire un tuo spazio fisico, un negozio, dove esporre la tua merce. Il fascino di una bottega è indiscutibile, e per l'artigianato l'iter e i requisiti sono meno stringenti che per altre forme di commercio. In primo luogo, non serve il retrobottega, perché parte del ruolo dell'artigiano è mostrarsi all'opera. Inoltre, lo spazio può anche essere molto piccolo.
Prima devi trovare lo spazio, prenderlo in affitto. Devi essere certa che abbia una destinazione d'uso commerciale. L'agenzia immobiliare fornisce questo genere d'informazioni, che altrimenti si trovano all'Ufficio del Catasto. Poi devi comunicare l'apertura dell'attività al Comune e alla Camera di Commercio. Si tratta di due procedimenti diversi: il primo comporta la compilazione di un modulo (Com1) con tutti i dati dell'attività (partita Iva), dello spazio (destinazione d'uso, metratura) e tuoi (certificati antimafia, assenza di procedimenti penali). Per quest'autorizzazione vale il silenzio assenso: dopo averla consegnata, devi aspettare 30 giorni. Se non arriva nessuna risposta, puoi partire con i tuoi commerci. Al Comune dovrai anche richiedere, con un altro modulo, il permesso di esporre l'insegna. La certificazione presso la Camera di Commercio invece è richiesta dopo l'avvio dell'attività, entro 30 giorni dal primo di esercizio. Si paga una quota che varia da città a città, ma che non è particolarmente alta.

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Questi sono gli obblighi più importanti legati alla tua impresa (a questi devi aggiungere quelli previdenziali, come l'iscrizione all'Inps come artigiana e commerciante). Poi ci sono i diritti che puoi avere in quanto giovane imprenditrice e in quanto donna. Le persone che abbiamo sentito hanno tutte manifestato un certo scetticismo nei confronti del sistema dei finanziamenti. Tiziana, ad esempio, ne avrebbe avuto bisogno, quando la crisi economica mondiale ha colpito anche il mercato della moda e degli accessori, ma le è stato risposto che i fondi non erano destinati a imprese in perdita, come la sua in quel momento, e che comunque "se aveva voglia di farsi le borse da sola, non doveva chiedere aiuto allo Stato". Comunque la situazione varia da regione a regione, e a seconda dei bandi che vengono aperti dall'Unione europea. In ogni caso, i finanziamenti a fondo perduto sono destinati all'apertura di nuove imprese, ad ampliamenti di imprese esistenti e all'acquisizione di nuove imprese. Devono essere usati entro due anni dalla ricezione.
Un altro grande ostacolo, soprattutto per chi non ha voglia o non può aprire una bottega, è la distribuzione. Clizia Ornato ha cominciato a fare gioielli quando nel 2003 fece un viaggio in treno insieme a una redattrice di Glamour, che notò un anello che aveva al dito, le chiese dove l'avesse comprato e quando scoprì che era stata lei a farlo, volle a tutti i costi metterlo sul giornale. Da allora è cominciata la sua attività di imprenditrice. Sarebbe stato tutto più facile, ci confida, se non avesse incontrato "poca affidabilità dei grandi nomi della moda e della distribuzione: più sono prestigiosi, meno sono rispettosi
degli accordi e affidabili nei pagamenti". Tiziana ci racconta un'esperienza simile: un grande distributore che ha tenuto in ostaggio la sua collezione, senza fare un tentativo di venderla a nessuno e bloccandole l'attività per un anno.
Una soluzione è la vendita diretta in Rete. Aprirsi un proprio sito web di e-commerce è una soluzione. Un'altra, non necessariamente in alternativa alla prima, è decidere di usare un canale dedicato alla vendita dell'artigianato. Piattaforme omnicomprensive, infatti, come Ebay, possono essere utili per raggiungere un vasto pubblico, ma rischiano di far perdere la specificità del vostro lavoro. Meglio un portale come Etsy, un paradiso di compravendite artigianali dove chiunque può aprire una propria pagina e raggiungere a costi irrisori un vasto pubblico. Etsy trattiene il 3,5% di ogni vendita e ha una tariffa di 20 cent di euro per ogni oggetto messo in vendita. Altri portali utili sono Miss Hobby e Hobby Donna. Isabella Borghese, che vende attraverso la Rete i suoi gioielli ispirati alla letteratura, crede tanto nel passaparola: "E' il veicolo migliore per trasmettere la mia passione, ottenere riconoscibilità e apprezzamenti". Per questo, oltre ai siti, ai mercatini, usa tanto social network come Facebook per far conoscere il suo lavoro.
Un altro importante veicolo per farsi conoscere sono le fiere e i mercatini dell'artigianato. Viaggiare ha un costo, che però è ammortizzato dall'opportunità di conoscere il proprio "pubblico" e capire cosa piace, cosa funziona e cosa migliorare. Ce ne sono praticamente in ogni regione e in ogni periodo dell'anno, che se ovviamente il momento migliore per fare affari è quello delle vacanze di Natale. artistiperhobby.it è uno dei siti con un elenco completo e aggiornato, provincia per provincia.
Tiziana, Clizia, Isabella e le altre: nessuna di loro tornerebbe indietro, spesso hanno dei dubbi, a volte subentra la paura di non farcela. "Ogni giorno mi chiedo: chi me l'ha fatto fare. La risposta più convincente arriva da quelle clienti che non hanno perso la facoltà di sognare e che si accorgono del mio sforzo quotidiano nell'andare controcorrente realizzando a mano gioielli unici" è la risposta di Clizia Ornato. Soprattutto, non bisogna avere fretta: il tempo per cominciare ad avere risultati, secondo Tiziana, va dai tre ai cinque anni.