mercoledì 7 settembre 2011

I più grandi business mancati: la storia dell’inventore degli stivali Ugg




C'è un brand di stivali in pelle che ha "invaso" mezzo mondo e di cui le top model o le attrici di Hollywood non si privano quasi mai: Ugg. Solo per fare qualche esempio, gli Ugg sono stati visti ai piedi di gente come Kate Moss e Jennifer Aniston. E il costo di un paio non è di certo alla portata di tutti: in Inghilterra, dove questi stivali sono diffusissimi, si parte dalle 120 sterline. Per farsi un'idea del successo di quest'azienda basta vedere la cifra gigantesca che riesce ad accumulare ogni anno: 500 milioni di sterline. A questo punto potreste pensare che l'inventore di questi stivali sia un multimiliardario che vive in una villa faraonica e beve Champagne a colazione. Sbagliato. Shane Stedman, 69 anni, l'uomo che ha creato queste calzature cult, al momento vive in una cittadina australiana a nord di Sydney (la stessa in cui ha passato quasi 50 anni di vita) e la sua abitazione è un modesto bungalow con tre stanze da letto. Per guadagnarsi da vivere costruisce tavole da surf in un piccola bottega, Shane Surfboards.
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Cos'è successo allora ai (potenziali) milioni di Stedman? La risposta è semplice ma amara: dopo aver progettato gli stivali e averli venduti a basso prezzo ai surfisti della sua città, nel 1983 Stedman ha venduto i diritti della sua idea al marchio americano di calzature Deckers per sole 10.000 sterline e tre paia di stivali Ugg all'anno per il resto della sua vita. In altre parole, l'inventore degli Ugg si è reso protagonista di uno dei più grandi business mancati della storia. Non a caso, da quell'anno in poi, le sue creazioni sono diventate progressivamente un fenomeno a livello globale. Stedman, però, l'ha presa con filosofia e sembra che il fatto di aver perduto una fortuna di 500 milioni di sterline non gli abbia creato troppi rimpianti. "I miei figli adorano ascoltarmi quando racconto loro il modo in cui mi è venuta in mente l'idea", dice Stedman. E aggiunge: "E' una cosa grandiosa vedere gente come Victoria Beckham e Paris Hilton indossare gli stivali che ho inventato. Sono orgoglioso, per me e per l'Australia, di aver avuto un ruolo importante nell'averli resi così famosi in tutto il mondo. E poi sono stato pagato abbastanza per mandare i miei figli a scuola". Stedman ritiene quindi che i suoi stivali, che in principio si chiamavano "Ugh" per assonanza con l'espressione di disgusto di chi vede scarpe orrende, siano qualcosa di cui andare fieri piuttosto che un motivo di rimpianto. "Se avessi voluto rendere i miei Ugg un brand di successo a livello mondiale sarei dovuto andare in America e lavorare in giacca e cravatta. Ma io non sono così. Non lascerò mai Sydney e il surf: è la mia vita. Sono stato felice di farla andare così".
Ma come è riuscito un semplice appassionato australiano di surf a creare, sebbene per puro caso, un brand globale di moda? A quanto pare, l'idea nacque nel 1973, quando un surfista, Nat Young, entrò nella bottega di Stedman e chiese qualcosa per tenere i piedi al caldo. Sulle prime, Stedman realizzò un tipo di calzatura in pelle di montone che però era scomoda per camminare sulla sabbia. Serviva qualcosa di più pratico. La soluzione arrivò proprio a una gara di surf dove un tale signor Spencer si offrì di attaccare delle suole alla creazione di Stedman: gli Ugg erano nati. Certo, i primi modelli non erano ancora gli stessi che si trovano in vendita oggi: spesso, infatti, sugli stivali si potevano trovare ancora i tendini e persino alcuni pezzi di carne degli animali da cui era ricavato il pellame. Quando gli stivali erano bagnati, l'odore era così pungente che bisognava tenerli lontani dai cani perché c'era il rischio che li addentassero. Dopo un po' di tempo però la qualità della pelle di montone migliorò, così come il design: un'evoluzione che fece aumentare gli ordini da parte dei clienti e rese necessaria una nuova organizzazione della produzione. Il volume produttivo passò da 30 a 300 paia a settimana. Ma fu solo quando gli stivali divennero un simbolo di ribellione che il business decollò: per il loro aspetto troppo "indecoroso", gli "Ugh" - si chiamavano ancora così - vennero infatti vietati nei cinema di Sydney al pari dei jeans strappati. Niente di meglio per stimolare i consumatori più giovani: "I ragazzi ne compravano sempre di più. Erano diventati un oggetto 'cool', qualcosa in grado di dividere l'opinione pubblica". Questo successo non passò inosservato, tant'è che Coles, una catena australiana di supermercati, cominciò a produrre degli stivali simili sotto un altro nome. Anche se il marchio Ugh era stato registrato, l'inventore non poteva proteggere la sua creazione. Nel frattempo, gli stivali Coles cominciavano a prendere il sopravvento sul mercato. Così quando l'azienda Deckers offrì a Stedman 10.000 sterline per i diritti della sua invenzione e propose di venderla a livello internazionale con il nome di "Ugg", l'inventore accettò. Una scelta dissennata? Giudicandola ora, sicuramente sì. "Ma all'epoca — dice Stedman — quella somma era molto alta e mi permise di mandare i miei figli in una scuola privata per ben cinque anni". Oltre alla cifra, Stedman riuscì però a ottenere il diritto di ricevere tre paia di Ugg all'anno a costo zero: un "contentino" che riesce ancora adesso a renderlo felice.

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