lunedì 12 settembre 2011

Indicatori di Partecipazione

Articolo scritto da Piero Patuelli
Private Banker di Banca Fideuram

http://www.labottegadellaconsulenza.blogspot.com/


Trendline, Ritracciamenti di Fibonacci, Cicli e controcicli,
Gann ed Elliott..

e se ci affidassimo alla forza del mercato?

vi invito a leggere un primo articolo di Piero Patuelli
che ci inizierà in un percorso che indubbiamente ci aprirà gli occhi!

Normalmente tendiamo ad individuare segnali di acquisto o di vendita su uno strumento finanziario utilizzando pattern di prezzo più o meno complessi (analisi grafica) oppure ci basiamo sull’interpretazione di informazioni fornite da indicatori e oscillatori (analisi quantitativa).
Quando si opera con strumenti che rappresentano una molteplicità di strumenti finanziari (tipicamente gli indici azionari) è utile inserire queste informazioni nel contesto corretto valutando alcuni aspetti:
1) La direzione del trend; ovvero individuare la tendenza rialzista piuttosto che ribassista o laterale. Per questa analisi utilizziamo solitamente semplici indicatori come le medie mobili o delle normalissime trendline
2) La valutazione dei fondamentali; tenendo conto di indicatori come il prezzo/utili nelle sue varie forme; il dividend yield (rendimento cedolare o dividendo pagato); il momentum degli utili o dei dividendi
3) La partecipazione al trend da parte dei vari titoli che compongono un indice.
Proprio quest’ultimo aspetto, che viene spesso trascurato, può tornare particolarmente utile per valutare quando un trend in essere si stia esaurendo e ci stiamo approssimando ad una possibile inversione.
Il primo indicatore che propongo è il più semplice tra gli indicatori di partecipazione.
Il grafico propone un confronto tra l’andamento del FTSE MIB da giugno 2009 a oggi, determinato sulle chiusure settimanali (linea blu) e il numero delle azioni che trattano al di sopra della media mobile a 13 settimane.
L’indicatore suggerisce conferme o divergenze rispetto al trend dei prezzi in atto; per esempio da maggio 2010 ad ottobre 2010 l’indice registra un rialzo da 19.000 punti a quasi 22.000 punti assecondato da un numero maggiore di azioni che trattano sopra la rispettiva media mobile a 13 settimane. Tuttavia, in occasione del successivo massimo dell’indice intorno a marzo 2011 (circa 23.000 punti) il numero delle azioni sopra la media mobile è inferiore al massimo precedente: è un primo segnale di debolezza.



Che il rialzo che ha interessato il FTSE MIB negli ultimi due anni sia stato di natura particolarmente fragile lo si può rilevare anche dal successivo grafico che mostra il confronto tra il numero delle azioni che chiudono la settimana in positivo e quelle con chiusura settimanale negativa; essendo la lettura puntuale dell’indicatore troppo volatile ho cercato di evidenziare una tendenza di medio periodo filtrando i dati tramite una media mobile a 5 periodi: come si vede il numero delle azioni con chiusura settimanale negativa (linea rossa) supera quasi sempre il numero delle azioni con chiusura settimanale positiva suggerendo una sostanziale debolezza di fondo del mercato anche nelle fasi di rialzo alle quali contribuiscono una minoranza dei titoli compresi nell’indice.



Analoga indicazione ci viene fornita dal grafico successivo che mostra l’andamento dell’indice all’interno di una banda di oscillazione che altro non è se non i massimi e i minimi a 26 settimane.
Anche in questo caso rileviamo come i rialzi dell’indice vengano accompagnati da un numero sempre piuttosto contenuto di azioni che registrano nuovi massimi.
In questo grafico notiamo però una interessante divergenza registrata in occasione del sell-off delle ultime settimane: con l’indice FTSE MIB che chiude a 14.000 registrando una serie di nuovi minimi che non viene però confermata dal nostro indicatore:

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